Era una persona educata, gentile, intelligente ed usava un linguaggio forbito. Lo chiamavamo “il professore”. In realtà era un professionista in pensione che periodicamente soggiornava in albergo. Vestiva sempre in maniera elegante ed anche i suoi gesti erano ricercati. Di notte faceva fatica a prender sonno. Anzi viveva la sua insonnia come una seconda vita. Durante un giro notturno notai del movimento dentro il gazebo del giardino. Un rumore di sedie spostate mi fecero pensare ad un tentativo di facilitare la conversazione tra più persone. Non le prestai quindi troppa attenzione. Un’ora più tardi ripassai nelle vicinanze e udii qualcuno che parlava a voce abbastanza alta. Mi avvicinai e arrivando sulla soglia del gazebo mi accorsi che era il “professore” che parlava ad una platea composta da innumerevoli sedie vuote. La voce era sicura. Aveva un tono alto quando sottolineava un passaggio importante e subito dopo si abbassava mentre guardava alla sua destra ed alla sua sinistra quasi ad esser certo di aver catturato l’attenzione della virtuale platea. Mi vide. Le sue parole rimasero per un attimo sospese. Mi guardò negli occhi e licenziò gli “studenti” con un “per questa sera la lezione è terminata”. Aspettò un minuto, quasi volesse dare il tempo di defluire ai virtuali astanti e poi rimise le sedie al loro posto originale e sorridendo mi augurò la buona notte e buon lavoro.
Ho sempre avuto un pensiero affettuoso nei suoi confronti. Un uomo solo che, prigioniero per tutta la vita della passione per l’insegnamento, si era inventato un modo per soddisfare il suo bisogno. Andato in pensione si era costruito il mondo che desiderava e ne era felice. Tutto sommato mi ha dimostrato che tutto può essere possibile. Mi commuovo quando penso al “professore”.